NovaraTarantaFest …lasciatevi pizzicare!
3 giorni di festa dedicati alle musiche e ai balli tradizionali del Sud d’Italia, in particolare della Puglia e del Salento, con concerti e stage di ballo, gastronomia tipica e showcooking.
Il festival si svolgerà in 2 spazi adiacenti: il Pala Dal Lago e l’area antistante all’aperto. All’interno del palazzetto ci saranno i 3 concerti serali, mentre nell’area esterna le cucine, il bar e il palco per i 3 concerti gratuiti di pizzica delle ore 19. Sempre nell’area esterna si terranno i 2 stage di ballo di sabato e domenica alle ore 17 e lo showcooking di domenica alle ore 11.
Per queste ultime 2 attività e per i pranzi a menù fisso di sabato e domenica è necessario prenotarsi compilando il form qui.
Cenni sul Tarantismo
Il tarantismo è senza dubbio il fenomeno culturale salentino più studiato. Volendolo sintetizzare al massimo, possiamo affermare che perché ci sia il tarantismo, quello canonizzato dall’equipe di De Martino, e la conseguente pizzica tarantata “liturgica”, devono verificarsi le seguenti condizioni: c’è prima una credenza, bisogna credere nel morso della taranta, che fa male e porta ad avere una malattia che poi deve essere curata attraverso il ballo. Un fenomeno di stato alterato o modificato della coscienza, che deriva sempre da una credenza, organizzato e regolato in modo socialmente accettato dentro un rito in cui c’è la musica. Ma qui la musica ha una funzione regolatrice di un disturbo e di una difficoltà. Ridurre perciò il fenomeno del tarantismo ad un semplice rapporto con l’aspetto naturalistico della musica è veramente limitativo, perché prima di tutto appiattisce la spiritualità, la storia e la cultura di questo fenomeno al fatto che al suono del tamburello la tarantata reagisce e si vitalizza. Se pensiamo davvero che la sola musica induca un fenomeno di trance sbagliamo moltissimo; la musica fa un’altra cosa: regola la trance, le dà un ordine. Questo tarantismo come fenomeno in sé è concluso, perché è conclusa la credenza nel fatto che la taranta pizzichi e provochi una malattia, anche perché gli elementi specifici di un’area – per quanto isolata – non sono immutabili; sono già mutati nel corso dei secoli, mutano sotto i nostri occhi e muteranno ancora nella loro specificità, prima più lentamente, oggi più velocemente, e niente può arrestare il loro mutamento: illudersi che non cambino è solo un sogno conservatore di chi vuole ridurre una comunità in musei, in una visione estetizzante della “civiltà contadina”, ormai abbondantemente superata e rifiutata nella vita quotidiana. Bisogna individuare le radici uniche ancora vitali delle vecchie culture, cogliere i tratti essenziali che ne sopravvivono e tenere conto di come si sono trasformate e come potrebbero trasformarsi nell’incontro-sintesi con altre espressioni culturali: solo così queste culture si rivitalizzano e si orientano in funzione di componenti attive dello sviluppo.
I “nuovi” tarantati
Oggi i giovani non hanno contatto diretto con il lavoro duro nei campi, il tarantismo o la lamentazione funebre, ma non sentono meno il peso della sofferenza e della malinconia che ha prodotto la maggior parte dei nostri canti ed alcuni di loro hanno un disagio esistenziale certamente non inferiore a quello che colpiva le tarantate di anni fa. Il tarantismo è modello, diciamo, di penetrazione dal di fuori al di dentro che è tipico delle società oppressive e delle società organizzate secondo un modello molto rigido.
Questo è definito dentro lo spazio della possessione, dove una tarantola morsica, che è come quando uno spirito, che sia il diavolo o qualsiasi altra cosa, entra in un corpo, lo possiede e gli fa fare qualcosa che non vuole e quindi indesiderata e indesiderabile.
FONTE: Canzoniere Grecanico Salentino